La sera del 22 settembre 1943, nei pressi di una caserma abbandonata di Roma, un’esplosione uccise due militari tedeschi. Nonostante la tesi dell’attentato non fosse mai stata dimostrata, le autorità tedesche considerarono l’incidente un attacco deliberato. In risposta, venne ordinato un rastrellamento nella Capitale, e la mattina seguente, i soldati delle SS prelevarono 22 civili scelti a caso e li condussero a una stazione dei Carabinieri per un interrogatorio sommario.
In assenza del maresciallo della stazione, il giovane vice brigadiere Salvo D’Acquisto fu costretto a prendere il comando e seguire i tedeschi con i loro prigionieri fino a Polidoro. Dopo un interrogatorio sommario, l’ufficiale tedesco ordinò che tutti i 22 civili si scavassero la fossa, per poi essere fucilati. Capendo l’atrocità imminente, D’Acquisto sapeva che l’unico modo per salvare quelle vite era trovare un colpevole.
Con un gesto di supremo sacrificio, D’Acquisto si avvicinò a una guardia e sussurrò qualcosa. Poco dopo, i civili furono tutti rilasciati e si diedero alla fuga. Riuscirono solo a sentire il grido “Viva l’Italia” seguito da una scarica di proiettili. Salvo D’Acquisto, a soli 23 anni, fu fucilato sul posto.
Il suo atto di coraggio è rimasto un simbolo di sacrificio e patriottismo. D’Acquisto scelse di dare la propria vita per salvare quella di innocenti, un gesto che non solo salvò 22 vite, ma anche infuse speranza e resilienza in un periodo di grande sofferenza e oppressione.