Hashim al-Homran, 17 anni, aveva una grande passione: fare video. Passava le giornate rubando immagini, suoni e colori con la sua inseparabile telecamera. Hashim viveva nello Yemen, un territorio devastato dalla guerra, e ha trasformato quello che era un gioco in un macabro documentario della realtà che lo circondava. Morti, sofferenze e bombardamenti sono finiti dritti nell’obiettivo della sua telecamera, quasi a filtrare tanto dolore affinché potesse essere più lieve per i suoi occhi di adolescente.
Il 22 gennaio, Hashim era in strada a immortalare quanto stesse accadendo attorno a lui, quando un raid dell’aviazione dell’Arabia Saudita colpì la città di Dhayan, coinvolgendo la popolazione civile. Hashim era lì, salvo, e mentre le persone iniziavano a scavare tra le macerie per recuperare i corpi, un presentimento lo assalì. Un anno di guerra gli aveva insegnato come vanno queste cose e aveva iniziato a conoscere alcune pratiche orrende. Spesso, infatti, i sauditi effettuano un secondo attacco dopo il primo, per colpire i soccorsi. Questa tattica, nota come “Dual Tap”, è temuta da molti.
Molti presenti lo sapevano, e tra chi si armava e chi tentava la fuga, Hashim continuava a documentare con la sua piccola telecamera. Durante il secondo attacco, fu ferito ma non mollò, continuando a filmare fino a un terzo raid. Hashim riuscì a documentare anche il bombardamento di un’ambulanza di Medici Senza Frontiere, il cui autista morì davanti ai suoi occhi.
Senza saperlo, il video di Hashim ha alzato un polverone internazionale, documentando un gravissimo crimine di guerra commesso dai sauditi. Al tempo stesso, ha inchiodato alle loro responsabilità molte nazioni occidentali, una su tutte l’Italia, fornitrice di bombe all’Arabia Saudita.
Hashim è morto il giorno dopo a causa delle numerose ferite. Inconsapevole di aver scritto una pagina di storia, inconsapevole di essere un eroe, il suo sacrificio ha mostrato al mondo la cruda realtà della guerra nello Yemen e i crimini commessi contro i civili.