In occasione della Giornata della Memoria, vogliamo ricordare una storia tutta italiana che è diventata leggenda. Si tratta della vita di Gino Bartali, detto “Ginettaccio”, per il suo carattere un po’ burbero. Campione dell’eroico ciclismo di una volta e storico rivale di Fausto Coppi, Bartali scrisse pagine di sport consegnate all’eternità. Come il suo avversario, fu costretto a interrompere la carriera a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, proprio negli anni migliori.
Era un’altra epoca, e un conflitto mondiale non risparmiava neppure icone nazionali come Bartali. Fra il ’43 e il ’44, fu costretto a indossare la divisa del GNR, la Guardia Nazionale Repubblicana di matrice fascista, deputata ai compiti di polizia interna e militare. Quell’anno fu uno dei momenti più drammatici della guerra, con l’Italia piegata alla Germania che permetteva la deportazione di ebrei, zingari, omosessuali, antifascisti, partigiani, malati mentali e portatori di handicap. Donne, bambini e uomini che siano.
Fu allora che Bartali divenne membro della Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei (DELASEM), un’organizzazione segreta di resistenza ebraica operante in Italia tra il 1939 e il 1947. Con la scusa di doversi allenare e approfittando della sua notorietà, Bartali iniziò a trasportare documenti falsi da Assisi, dove c’era una stamperia clandestina, a Firenze, dove il vescovo li distribuiva agli ebrei per farli espatriare. Consapevole del pericolo e del rischio di fucilazione, percorreva 185 chilometri avanti e indietro ogni giorno, in silenzio, senza raccontarlo a nessuno.
Alla fine del ’43, Bartali venne arrestato dalla polizia fascista. Gli ufficiali lo interrogarono e lo perquisirono, ma nessuno ispezionò la sua amata bicicletta, dove i documenti erano nascosti nei tubi del telaio. Grazie a questa operazione segreta, rivelata dal figlio molti anni dopo, Bartali riuscì a salvare oltre 800 persone.
Il suo coraggio venne riconosciuto solo nel 2005 con la Medaglia d’oro al valore civile (postuma), e con l’inserimento, nel 2013, del suo nome nel Giardino dei Giusti del Mondo. Bartali ci ha insegnato che anche nei momenti più bui della storia dell’umanità ci sono persone in grado di infondere speranza e di sacrificare la propria vita per il bene comune.
Grazie, Ginettaccio.