Il 9 marzo 1979, alle 13:45, un commando di terroristi di “Prima Linea” sequestra il titolare di un bar di Torino e tiene in ostaggio i suoi familiari. I terroristi, sintonizzati sulla radio della polizia, dichiarano di aver catturato un ladro d’auto e tendono una trappola alla volante in arrivo. Giunta la vettura, si innesca un violento scontro a fuoco. Sono gli Anni di Piombo, anni di violenza spietata in cui i contatti tra brigatisti e autorità spesso si rivelano mortali.
In quel momento, Emanuele Iurilli, un giovane di 18 anni che si sta preparando per l’esame di maturità, sta rincasando da scuola. Figlio di Alfredo, operaio, ed Elvira, insegnante, Emanuele proviene da una famiglia normale e modesta, come tante altre nel quartiere. Nonostante le difficoltà, coltiva il sogno di diventare perito aeronautico.
Arrivato in prossimità del suo palazzo, Emanuele gira l’angolo e si trova in mezzo a una pioggia di proiettili vaganti. Tenta di fuggire, ma è troppo pericoloso. Nascondendosi, cerca di percorrere i pochi passi che lo separano da casa. È quasi salvo, ma proprio quando trova riparo dietro un’ultima vettura, una pallottola lo raggiunge. Sua madre, affacciata dal balcone, osserva terrorizzata il suo unico figlio agonizzante a terra. La successiva corsa in ospedale e la disperata operazione non cambiano l’epilogo di questa triste pagina della storia italiana.
Emanuele Iurilli è una delle tante vittime innocenti degli Anni di Piombo, anni in cui persone comuni hanno pagato con la vita le battaglie di altri. Queste persone, con sogni, progetti e paure, sono state travolte da giochi di potere altrui, trovandosi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Il ricordo di Emanuele e di altre vittime innocenti rischia di svanire sotto il peso degli anni, ma è importante ricordare queste vite spezzate. Essi rappresentano uno spaccato di un’Italia onesta e pulita, troppo spesso vittima inconsapevole di violenze politiche e sociali.