Salvatore Bennici, imprenditore edile di Licata, ha perso la vita il 25 giugno 1994, ucciso dalla mafia per aver difeso il suo diritto di lavorare onestamente, senza cedere alle intimidazioni di Cosa Nostra.
Salvatore Bennici, un piccolo imprenditore edile di Licata, in provincia di Agrigento, è un esempio di coraggio e integrità in un contesto dominato dalla criminalità organizzata. Nel marzo del 1994, Salvatore ottenne in subappalto i lavori per la costruzione dei canaloni nella Piana di Licata lungo la Sp San Michele. Tuttavia, il progetto attira rapidamente l’attenzione di interessi locali malavitosi, portando a una serie di avvertimenti e intimidazioni.
Le minacce iniziali si trasformano presto in azioni violente. Prima un escavatore viene distrutto con una potente carica esplosiva, poi la porta di casa di Salvatore viene incendiata. Nonostante questi attacchi, Salvatore non si lascia intimidire. Denuncia gli incidenti alla polizia e, per proteggere la sua famiglia, decide di vivere e lavorare nel suo cantiere, trascorrendo giorni e notti barricato lì.
Le telefonate anonime e le minacce esplicite aumentano. Salvatore viene avvertito di essere “punito” se non cede alle richieste di Cosa Nostra. Tuttavia, la sua coscienza e il suo senso di giustizia sono più forti della paura. Continua a lavorare, difendendo con coraggio il suo diritto di operare legalmente.
La mattina del 25 giugno 1994, mentre si trova nel cantiere con suo figlio Vincenzo, due uomini incappucciati si presentano davanti a lui. Gli assalitori sparano diversi colpi alla testa e al torace di Salvatore, uccidendolo sul colpo. Quel giorno, l’Italia perde un uomo perbene, un padre di famiglia sessantenne che aveva osato resistere alla mafia.
Salvatore Bennici ha dato la vita per difendere la libertà e l’integrità contro il controllo criminale. La sua morte è un tragico promemoria delle lotte che molti imprenditori onesti affrontano in territori dove la mafia esercita il suo potere con violenza e intimidazione.
Oggi, ricordare Salvatore Bennici significa rompere il silenzio e l’omertà che spesso avvolgono questi crimini. Ribellarsi al sopruso e onorare il sacrificio di Salvatore vuol dire continuare a lottare per una società libera dalla criminalità organizzata. Il suo coraggio e la sua determinazione devono servire da ispirazione per tutti noi, per non cedere mai alle pressioni e alle minacce della mafia.