Torniamo indietro al dramma di Amatrice. Era agosto quando il paese fu raso al suolo da un devastante sciame sismico. Come sempre, i soccorritori e i volontari furono i primi a intervenire. Molte vite furono salvate, ma tante altre, troppe, non ebbero scampo. Tra le vittime di quella notte c’era una coppia di Roma, Paola Rascelli e Fabrizio Trabalza. Della loro abitazione in via Rosei 4 non rimase che un accumulo di macerie. I soccorritori scavarono a mani nude, tentando il tutto per tutto, fino all’amaro epilogo. Non ci fu spazio per le lacrime né tempo per lo sconforto: si doveva correre verso la prossima vita da salvare.
Molti di noi, attoniti spettatori, potrebbero pensare che i soccorritori siano abituati a questi drammi, addestrati ad andare oltre senza battere ciglio. Eppure, qualche giorno fa, in un sito di necrologi funebri, sotto al ricordo di Paola e Fabrizio, un certo Giuseppe ha scritto un insolito messaggio. Chiedeva dove fossero stati sepolti i due coniugi, senza presentarsi né dare ulteriori spiegazioni. Un parente delle vittime ha educatamente indicato i luoghi di sepoltura. La risposta di Giuseppe è stata una di quelle che non ti aspetti: “Grazie per l’informazione. Un abbraccio alle due famiglie dal soccorritore che la notte del 24 si trovava a via Rosei 4 ad Amatrice.”
Sono passati mesi da quella notte maledetta. Mesi di nuove imprese, salvataggi ed emergenze. Eppure, Giuseppe non ha dimenticato Paola e Fabrizio. Non ha dimenticato quella coppia che non riuscì a salvare. In un attimo di pausa, ha voluto dare loro un ultimo saluto, intimo e profondo, quasi a chiedere scusa per non avercela fatta. Quel saluto che quella notte non poté dare.
Grazie, Giuseppe, chiunque tu sia, sei una Persona Perbene.