Il 18 gennaio 1988 è una data che ha segnato profondamente la vita di Angela Montagna. Quel giorno, suo figlio diciottenne, Cesare Casella, fu rapito davanti alla concessionaria del padre Luigi a Pavia. Cesare fu trasferito in Aspromonte, dove venne tenuto prigioniero per due anni e mezzo in tre diversi nascondigli. I sequestratori chiesero immediatamente un riscatto e, dopo alcuni contatti, il padre Luigi pagò un miliardo di lire. Tuttavia, l’anonima sequestri non mantenne la parola e rilanciò la richiesta a cinque miliardi.
A quel punto, la magistratura intervenne bloccando i conti correnti della famiglia Casella, interrompendo bruscamente il dialogo con i rapitori. Anche il governo Andreotti impose un inquietante silenzio, prospettando un tragico epilogo alla vicenda. Era l’estate del 1989 e Angela Montagna decise di prendere in mano la situazione.
Di fronte a un’insostenibile fase di stallo, Angela scese da sola in Calabria. Si incatenò nelle piazze, dormì in tenda e manifestò in lungo e in largo per denunciare l’incapacità delle istituzioni. La sua battaglia solitaria attirò l’attenzione dei media nazionali e internazionali, finendo sulle pagine del Time e di altre testate straniere. La pressione sullo Stato aumentò, costringendo le istituzioni a mobilitarsi pesantemente e a intensificare gli sforzi per stringere il cerchio attorno all’anonima sequestri.
Angela Montagna lottò su due fronti: da un lato cercò di ottenere solidarietà e partecipazione popolare, dall’altro sfidò l’omertà e la “zona grigia” controllata dalla criminalità organizzata in Calabria. La sua determinazione portò finalmente alla liberazione di Cesare il 30 gennaio 1990, dopo 753 giorni di prigionia.
Angela Montagna è scomparsa nel 2011, ma il suo coraggio e la sua tenacia vivranno per sempre nei cuori di tutte le madri che avranno la forza di combattere per i loro figli. La sua storia è un esempio di come l’amore materno possa superare ogni ostacolo e affrontare anche le situazioni più disperate.