23 maggio 1992: “Gli uomini passano, le idee restano”. Ventisei anni dalla strage di Capaci

Il 23 maggio 1992, mille chili di tritolo fecero saltare in aria una parte dell'autostrada nei pressi dello svincolo Capaci-Isola delle Femmine, provocando la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Questa data segna uno dei momenti più tragici e simbolici nella lotta contro la mafia in Italia

Sono passati ventisei anni da quel terribile giorno. Tanti, ma mai abbastanza per dimenticare. Il coraggio di Giovanni Falcone, la sua determinazione, il suo esempio e la sua onestà vibrano ancora dentro di noi. Come una voce perpetua, ci ricordano di tenere sempre alta la guardia, di non cedere mai alla paura, di non scendere a compromessi e di mantenere un impegno quotidiano contro ogni comportamento mafioso. Solo così, il suo sacrificio, come quello delle altre vittime della strage di Capaci, non sarà stato vano.

Falcone era convinto che, nonostante la violenza della mafia, le idee di giustizia e onestà sarebbero sopravvissute alla sua morte. Come amava ricordare: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.

La strage di Capaci non solo ha segnato una perdita immensa per l’Italia, ma ha anche acceso una fiamma di speranza e determinazione. La memoria di Falcone e delle altre vittime continua a ispirare nuove generazioni a lottare contro l’ingiustizia e la corruzione. La loro eredità morale ci spinge a non dimenticare e a proseguire il cammino della giustizia con la stessa forza e dedizione.

Nel ricordare Giovanni Falcone, riaffermiamo il nostro impegno a combattere ogni forma di mafia e a promuovere i valori di giustizia e legalità. Il loro sacrificio è un monito per tutti noi a non abbassare mai la guardia e a mantenere viva la fiamma della giustizia.

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