Cinzia Falcone, 88 anni, è un’imprenditrice di Prato, titolare di una scuola d’inglese, referente del CAS per i migranti di Camigliatello Silano e presidente dell’associazione “Animed”, che si batte per i diritti delle donne. Grazie al suo impegno nel sociale, Cinzia entra in contatto con il Prefetto di Cosenza, Paola Galeone.
In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, le viene proposto di collaborare alla realizzazione di un evento, con il compito di contattare le scuole e moderare la manifestazione. Cinzia accetta con orgoglio e senza percepire alcun compenso. Passa qualche settimana e viene convocata dalla Galeone nel suo ufficio. Il motivo “ufficiale” è la consegna di una pergamena, a testimonianza del suo impegno. Tuttavia, la conversazione prende una piega confidenziale e la proposta del Prefetto diventa chiara.
Il prefetto, senza mezzi termini, dichiara di avere un residuo di 1200 euro in un fondo di rappresentanza che deve essere restituito allo Stato. Da qui, la proposta: “So che tu hai sostenuto dei costi per il tuo lavoro, ecco, se tu mi fai una fattura da 1200 euro, 500 te li tieni tu e la differenza la dai a me”. L’obiettivo è chiaro: fare la cresta sulle spese autorizzate dal Viminale.
Cinzia è amareggiata. Di fronte a lei non c’è una persona comune, ma un rappresentante dello Stato. Oltre alla profonda amarezza, l’imprenditrice è preoccupata per l’accenno fatto dal Prefetto a un’altra vicenda che la riguarda: una gara per l’accoglienza dei migranti alla quale partecipa anche Animed, che, secondo la Galeone, potrebbe non avere le carte in regola per aspirare alla vittoria. Inoltre, l’associazione di Cinzia vanta crediti per trecentomila euro dalla prefettura per la gestione del suo CAS, motivo per cui teme azioni ostruzionistiche in caso di mancata adesione alla proposta.
Il giorno prima, Cinzia aveva ascoltato attentamente un’intervista del procuratore Nicola Gratteri, noto per la sua lotta alla mafia. Il magistrato aveva invitato i calabresi a ribellarsi, a non piegarsi al potere della malavita, a dire di no. Queste parole risuonano nella testa di Cinzia e le danno il coraggio di fare la cosa giusta. Decide così di fingere di accettare la proposta e si presenta in Questura per denunciare il fatto.
Partono immediatamente le indagini e, con un messaggio concordato con gli agenti, Cinzia comunica al Prefetto di aver predisposto la fattura e di essere disponibile per un “caffè”. La risposta della Galeone è gelida: “Hai tutta la mia stima, vedrai, insieme faremo grandi cose”.
È il giorno della mazzetta. Le due donne si incontrano. Cinzia le consegna la fattura e i soldi in contanti. Di questi, il Prefetto ne infila in borsa 600, non più 700, in un atto di “generosità” concedendo a Cinzia 100 euro in più rispetto a quanto pattuito. E commenta soddisfatta: “Con questi comprati i biscotti”.
La soddisfazione, però, lascia ben presto spazio alla vergogna. Cinzia, istruita dai poliziotti, aveva consegnato soldi fotocopiati e marchiati, e all’incontro si era presentata munita di microfono e mini telecamera. All’uscita del bar, gli uomini della Squadra Mobile di Cosenza arrestano il Prefetto, ponendola agli arresti domiciliari. L’accusa formulata dalla procura di Cosenza è di «induzione indebita a dare o promettere utilità».
Le persone PerBene sono ovunque. Le persone PerBene iniziano a essere stufe di chi PerBene non è. Le persone PerBene hanno il coraggio di dire di NO. Le persone PerBene ringraziano di cuore Cinzia Falcone. (“Nomen omen”, mai locuzione più opportuna).