C’è un nuovo mondo da scoprire, là fuori. Occorre uscire, risvegliarsi dall’incubo persistente nel quale ci siamo calati. Qui dentro, le cattive notizie sono divenute credibili e hanno acquisito il potere di ridurre sul banco degli imputati quelle buone, riuscendo a intimidirle fino a farle circolare tra uno scetticismo che ne limita la diffusione, tanto da renderci insicuri.
Nel mondo in cui ci sembra di dover vivere, le buone notizie vanno giustificate, necessitando di verifiche e prove certe prima di venire accettate, mentre quelle cattive divampano e si propagano a una velocità che sa togliere il fiato anche al più dotato tra gli strilloni di strada.
Amiamo raccontarci il nostro mondo per peggiore di quanto non sia, alimentando quel fuoco che arde bruciando aspettative di cui potremmo invece godere, l’un l’altra, senza contrapposizioni e contrasti. Sentiamo di essere oggetto di ingiusti giudizi ma poi non lesiniamo sentenze sulle altre persone.
Condividere ogni critica ed essere caustici verso qualsiasi attestato di stima mostra un disincanto che potrebbe venire scambiato per cinismo, se non fosse un’autodifesa preventiva. A chi non è capitato di concordare l’analisi su un altrui difetto e poi mostrare incredulità rispetto a un’espressione di lode?
“Dici?” è la domanda che sorge spontanea, dubitando più della bontà che del suo contrario.
Invece il mondo in cui viviamo è popolato di persone che sono “per il bene”, senza le quali nulla potrebbe funzionare. Noi non siamo l’unica stella a brillare in un universo di tenebre, per nostra fortuna.
Proprio chi più si lascia sorprendere da questa verità riceve maggiore beneficio nell’accettarne l’evidenza. Pensarsi immersi in una società di persone nella quale gli altri siano migliori di quanto temuto si rivela una risorsa preziosa per il nostro benessere. Accogliere questa realtà migliora le reciproche aspettative e stimola la parte che più ci piace, di noi e degli altri.
Criticare, sentirsi controparte, invece, avere sicura evidenza delle proprie ragioni e dei torti altrui, trasforma ogni posizione moderata in estremismo rispetto a opposti squilibri e ci espone a una conflittualità che non ha ragione di esistere, se non dentro quell’incubo di cui scrivevo all’inizio.
Ammiriamoci: dal nostro specchio emerge un viso che vorrebbe essere riconosciuto come tale seppure non riesca a riflettere sul paradosso di non sentirsi attorniata da altre persone per bene. Quale moneta può presentare un diverso valore a seconda della faccia che vogliamo osservare? Neppure fosse falsa potrebbe esporre un diverso conio tra la sua testa e la sua croce.
In un sistema in cui la critica ha buon gioco se feroce e la cattiva notizia una diffusione garantita, il reale valore di ciò che osserviamo sarà sempre quello più alto tra quelli in essa apprezzato. Per questo, e per tanti altri buoni motivi, ogni persona è da intendere “per bene” sempre, almeno fino a prova contraria.
Siamo finalmente pronti a non volerci stupire più di una buona azione ma del suo contrario? A ritenere più naturale una collaborazione piuttosto che un rifiuto o, peggio, uno scontro? A fornire e ricevere incoraggiamento e non critiche severe? Ad accettare il nostro e l’altrui errore come la migliore occasione per imparare a non sbagliare ancora? In fondo la differenza tra un errore “di valore” e uno “a perdere” è determinata da ciò che esso sa insegnare.
L’errore può essere prezioso, se correttamente capitalizzato dall’esperienza.
Il contrasto sociale, la disonestà economica e la delegittimazione politica sono scorciatoie che conducono in luoghi in cui trovare avversari ovunque, lasciandoci in balia di un incubo che non è la realtà. Essa infatti continua a essere edificata dalla collaborazione tra le tante “persone per bene” che sono ovunque e operano in ogni ambito, permettendoci di progredire.
Ben venga quindi la capacità di abbattere gli steccati che separano ciò che può benissimo essere riunito. Solo riconoscendoci a vicenda sapremo apprezzare le diversità che pure ci distinguono, arricchendoci.
A ben vedere un pregiudizio è sempre un errore di prospettiva che si corregge frequentandoci.
L’essere “per bene” non è un punto d’arrivo, una certificazione da ottenere o una posizione di parte, ma un continuo equilibrio dinamico. Chiunque l’abbia raggiunto anche per un solo momento sa quanto sia difficile da mantenere ed è per questo che un benessere è sostenibile solo se comune e che sarà realmente da tutti desiderabile se farà crescere anche quello totale.
La ricerca dell’armonia è possibile, oggi più di ieri, sempre convinti che trovare un bene che fa guadagnare equivale a scoprire una inesauribile miniera d’oro.
Sì, questa notte ho fatto un sogno che non aveva nulla dell’incubo di cui scrivevo: ho visto un mondo popolato da persone per bene.